La testimonianza dell’ingegnere Gioacchino Conoscenti da Pergine Valsugana (Trento)

Caro Vescovo Giuseppe,

sono uno dei tanti ingegneri siciliani emigrati dalla propria terra natìa per ottenere un lavoro stabile e sereno, consapevole che nella propria isola di origine tali opportunità sono ridotte al lumicino. Sono piacevolmente colpito del suo impegno sociale declinato soprattutto nell’ambito lavorativo nei confronti del territorio madonita.

Quant’è bello vedere il “proprio” (non riesco e non voglio sganciarmi completamente dal territorio in cui sono cresciuto) vescovo che si impegna in modo sì assiduo per tale scopo, coinvolgendo le realtà istituzionali locali con tale frequenza e si attiva non solo verbalmente ma concretamente per poter risolvere la piaga della mancanza di opportunità lavorative. Sono convinto che il problema non sia l’emigrazione in sé, ma l’impossibilità di scelta.

Nel 2020 guai se non considerassimo l’interscambio culturale come una delle più grandi opportunità del nostro tempo, il quid sta nella consapevolezza che molto difficilmente potremmo sfruttare le conoscenze acquisite in giro per l’Italia o per il mondo nella nostra terra d’origine.

Ho alle spalle tanti anni di impegno attivo ecclesiale in parrocchia, in diocesi e anche in regione. L’azione cattolica e l’essere ministrante sono stati i due cardini che mi hanno accompagnato fin dalla più giovane età, in cui ho profuso tutto il mio impegno extrascolastico ed accademico. Ad entrambe le realtà ho cercato di dar tanto ma sicuramente ho ricevuto molto di più. L’essere a servizio per l’intera diocesi mi ha permesso di conoscere tanti volti, dubbi, certezze, fallimenti, successi dei giovani ma anche di ragazzi e adulti che sono state una palestra di vita. Le loro storie mi hanno aiutato a conoscere il nostro territorio e tutte le potenzialità che questo possiede, spesso non sfruttate.

Ho vissuto un percorso universitario in ingegneria chimica sereno cercando di conciliare i vari aspetti ed impegni. Sia prima della triennale che della magistrale più volte mi sono chiesto se fosse il caso di cambiare ateneo ma consapevole della bontà della scelta palermitana ho deciso di valorizzare le eccellenze locali.

Il cammino del dottorato è stata invece l’occasione di esplorare il mondo, convinto che solo nello scambio e nel confronto c’è il vero arricchimento. La maggiore maturazione umana e professionale mi hanno però portato a cercare lavoro fuori da quel contesto e territorio.

Da un paio d’anni mi trovo a Pergine Valsugana, un paese a pochi chilometri da Trento, dove lavoro in una ditta inserita nel campo biomedicale, ambito che mi appassiona da sempre. Qui ho formato la mia famiglia con Alessandra (anche lei originaria di Campofelice di Roccella) e da qualche mese arricchisce le nostre giornate il piccolo Antonino. Qui ci siamo inseriti sia in parrocchia che nell’ambito diocesano in cui poter vivere e condividere la nostra Fede, abbiamo trovato nuovi amici e compagni di viaggio su cui poter contare e siamo certi che ogni giorno la nostra integrazione nel tessuto sociale ed ecclesiale sarà sempre più profonda. In questo momento riesco a pensare alla Sicilia solo come una terra in cui ho lasciato i familiari e le amicizie cementate nel corso degli anni che vedrò nelle vacanze estive e natalizie o poco più.

Ogni volta che torno sull’isola mi accompagnano sempre due sentimenti, da un lato la gioia di rivedere gli affetti, i luoghi, il clima in cui sono cresciuto e dall’altro la tristezza che ci sono poche speranze per invertire la rotta. Qualche settimana fa transitavo dall’agglomerato industriale di Termini Imerese che ha dato lavoro a tante famiglie del nostro comprensorio e che adesso presenta numerosi capannoni abbandonati da decenni in condizioni di vistoso degrado.

Mi trovo in una provincia annualmente ai primi posti italiani per qualità della vita e sono convinto che gran parte del merito sia frutto dell’oculata amministrazione dei fondi provenienti dall’autonomia politica, che peccato che la Sicilia non riesca a sfruttare la stessa opportunità!

Non so cosa la vita mi riserverà, certo di non precludere nessuna possibilità, difficilmente vedo il mio rientro in Sicilia.

Concludo la lettera, con un sentito grazie vescovo Giuseppe, grazie per la sua attenzione e la sua dedizione a tale problematica.

Gioacchino Conoscenti