Non è facile “partorire” una metafora; coniare un’espressione in grado di trasmettere cosa si sperimenti o quali siano le emozioni che accompagnano la lettura di Prima che tu venga al mondo di Massimo Gramellini. Forse ne ho trovata una. Sempre incompleta. In parte efficace: è un libro che “circoncide” il cuore. Infatti, è come se ogni sua pagina lo attraversasse con un passo elegante e graffiante; lasciandovi delle impronte. Dei segni straordinariamente luminosi perché “figli” di quei valori che non conoscono l’obsolescenza: l’attesa, la vita, lo stupore, la paternità, la maternità, la corresponsabilità, la bambinitudine, il tempo.
Nel suo nuovo libro il vicedirettore del Corriere della Sera è riuscito a fare danzare armonicamente il tempo. Nello scrivere, nel raccontarsi c’è un incrocio sapiente e quasi “epifanico” tra passato, presente e futuro. Si rivelano, si completano tra di loro. Senza mai confondersi. La prima riga pare confermarlo: «I desideri sono ricordi». Poi c’è la seconda: «Non si desiderano le cose che non abbiamo conosciuto, ma solo quelle che abbiamo perduto». Così si passa dai compleanni con la tartufata di Massimo all’annuncio: «Siamo incinti» della moglie Simona. Un annuncio al plurale. Il noi che sigilla il codice, ancora ignorato, della corresponsabilità di entrambi i genitori di fronte a una nuova vita.

Anche la neo mamma, con un pizzico d’ironia , dichiara che si tratta del primo caso di “gravidanza di coppia”. Il neo papà ci fa sapere che siamo di fronte a: «Un annuncio da dare al mondo». Precisando che :«È un’emozione silenziosa. A darle voce mi sembrerebbe di sporcarla». Questo, infatti, non accadrà. C’è un pregio che il libro porta con sé: le emozioni escono dal loro silenzio con “circoncise”, e profonde trascrizioni. Gramellini sa “fotografare” e poi raccontare. Scavare l’anima con “la manina” di un bambino che cerca il vero e il bello. Conosce l’arte dell’elegante indagine psicologica legata al mondo delle grandi emozioni. Così di fronte allo specchio dei ricordi racconta a Tommaso: paure, gioie, stati d’animo vissuti prima da figlio e ora da padre. Il tono è caldo, intimo. Ne tocchiamo il climax in quel «bambino mio». La temperatura della paternità ha superato i quaranta gradi. È come se ci fosse un crescendo di lucide confessioni. Tutte proiettate a “scongelare” una sorta di patto misterioso col diavolo personale: «Niente figli in cambio della giovinezza eterna». Con l’arrivo di Tommaso, Massimo rinasce. “Abbassandosi”. Ritornando bambino. Vive la sua kenosis. Una sorta di percorso catartico che lo libera da un inchiodante infantilismo.
In questo viaggio ci faranno compagnia anche altre emozioni. Ci sono quelle degli amici, di Norberto, della profetessa degli ultrasuoni. Di Diego, il figlio che Simona ha avuto dal precedente matrimonio. Tutte hanno il loro profumo. Con odori differenti. Delicatissimo è quello lasciato dalla Madrina, una zia ultranovantenne. È malata di Alzheimer. Non ha avuto figli. Vive in un mondo popolato da bambine. Anche a lei ha gridato che avrebbe avuto un nipote. È rimasta in quel mondo. A Tommaso raccomanderà di: «Osservarla con gli occhi del cuore. Fluttua già in quell’Altrove da cui provieni anche tu».
Prima che tu venga al mondo, è anche uno scrigno. Le sue serrature di sicurezza si aprono sfogliandone le pagine. Danno voce a storie di vita che il giornalista ha forse prima immortalato per i suoi articoli. Le aveva “circoncise”nel suo cuore. Custodite gelosamente nella memoria della sua coscienza. Sono gocce, frammenti di storie di bambini, di figli, di papà che non potevano rimanere intrappolate negli argini della pura cronaca e del suo effimero vento. Sono potenti lezioni di vita. Ora da consegnare a Tommaso, al suo primo figlio. Per essere il sole delle sue giornate. Della sua crescita già iniziata. Ne citiamo qualcuna. Quella di Gabriele Francesco morto il giorno in cui è nato perché lasciato sotto un cavalcavia. Quella di Paolo Simoncelli. Di Jase, il bambino scozzese che ha scritto una lettera di auguri nel giorno del suo compleanno al papà già morto. Di Nelson, l’adolescente del Mali affogato nel Mediterraneo. Custodiva nella sua giacca un pezzo di carta. Era la sua pagella. Così nel cuore di Tommaso, mesi prima ne aveva sentito il Bum bum, Massimo inizia a “scrivere” cosa debba essere la scuola. «Ciò che era per Nelson: uno strumento di riscatto. Un orgoglio da cucirsi nel petto». «Un lasciapassare per il futuro».
Ogni storia si configura come un potente momento lirico; ti consegna un silenzioso invito a una pausa. A una mite contemplazione attorno a una “luce”: dalla voce dei “piccoli”o di chi abita “L’Altrove” impariamo a come comportarci da padri nei confronti della vita. Prima che tu venga al mondo è un libro che fa bene al cuore. Lo “circoncide”. Di tante verità. A me che sono un presbitero, a me che non sarò un padre biologico, ha insegnato che Tommaso è “l’adesso” di Dio. Lo è per papà, per mamma, per Diego. Anche per me, per il mondo intero. Vorrei che questa bambinitudine vissuta grazie a Tommaso, fosse il mio “stato di grazia”ogni volta che le mie braccia accolgono un bambino per battezzarlo. Per essere un “padre”. Un giovane “papà, ultracinquantenne.
F.M.