Dopo cinque anni da incaricata annuale torno supplente per credere nella mia terra
Sono ormai migliaia gli articoli che da un anno richiamano l’attenzione sulla questione dell’emigrazione dalla Sicilia e dal sud Italia. Un problema che dalle case sta sollecitando nuovi movimenti studenteschi e non. Un tema appena affrontato anche dai Vescovi della nostra isola nella sessione invernale della Conferenza episcopale siciliana (Cesi) tenutasi dal 13 al 15 Gennaio 2020 a Palermo, in cui il Vescovo Giuseppe Marciante ha presentato il Laboratorio della Speranza. Un argomento forse meno vivo tra i palazzi delle istituzioni politiche e meno impellente per chi continua e vuole continuare a pensare ai propri interessi ostinandosi a consumare soprusi.
Mentre scrivo mi ritengo fortunata nel poter inviare queste parole per la mia regione dalla mia regione. Non sarebbe stato così qualche mese fa. Conseguita la laurea mi sono ritrovata a partire prima del previsto, come molti, per cogliere l’opportunità di mettere subito a frutto le competenze acquisite ed iniziare ad avere un’autonomia economica.
Nel raccontarvi la mia esperienza del ritorno in Sicilia voglio condividervi due tipi di reazioni che ho raccolto. Chi stupito ed infastidito ha chiesto il motivo del mio ritorno, come a non voler tolto un posto che dovrebbe spettare solo a chi resta o ad ergersi conoscitore di ciò che è meglio per l’altro, e chi con gioia mi ha abbracciata (amico o soltanto conoscente) riaccendendo la speranza di una ripresa per il nostro territorio. Due letture diverse di un unico evento, interpretato dai primi come un passo indietro e dai secondi come un passo avanti.
È oggettivo che la mia scelta sta comportando un sacrificio. Da incaricata e stabilizzata ho accettato di retrocedere alle supplenze pur di stare nella nostra terra. Ho optato per la via del costruire perché solo questo mi è stato concesso e sono convinta che ad oggi qui sia l’unica via per ciascuno. Come cita una canzone di Niccolò Fabi tra le mie preferite, “costruire è rinunciare alla perfezione” di un posto pronto, di un’impresa già avviata, di un patrimonio già ereditato.
Sono consapevole del fatto che la mia opportunità di avere un lavoro qui, anche se precario, non è data a tutti, dal momento che per molti le difficoltà della nostra isola si traducono in impossibilità di scelta (come Gioacchino Conoscenti ha scritto nella sua lettera pubblicata sul nostro sito). Se stiamo provando questo, allora bisognerà costruire la possibilità di scegliere, promuovere la libertà dei singoli, valorizzare la persona umana e le sue potenzialità individuali e collettive, educare al costruire.
Lo stilista siciliano Dolce, rivolgendosi ai giovani, ha scritto: “prendere coscienza del luogo in cui siamo nati e da dove provengono i nostri genitori e nonni è molto importante, poiché il nostro DNA è ciò in cui bisogna credere”.
Ritornare oggi significa mettere le mie capacità a servizio della terra che m’ha dato la vita e la fede, il discernimento ed il calore, un amore sregolato da distribuire indistintamente, m’ha riempito il cuore di Bellezza, ha plasmato la mia volontà di arte e creatività, di sogni e sfide, di sete di giustizia e bisogno di sapere. Per questo vorrei chiedere ai genitori di non incoraggiare i propri figli ad andare via ma avviarli verso vie di formazione al costruire; alle istituzioni di non lasciar fuggire i più giovani ma di fornire corsi di formazione al costruire; a chi parte di formarsi, lì dove si trova, al costruire per tornare a farlo. Perché eredi lo siamo: di una casa che pullula di bellezza e limiti, di un patrimonio seppur imperfetto che ci è dato con la responsabilità di custodirlo mettendo a frutto il suo potenziale.
Solo perché ho avuto questa chance in prima persona, ieri ho potuto rasserenare gli amici di Busto Arsizio che la scorsa estate hanno provato in tutti i modi a trattenermi con il loro affetto (condivido l’esperienza di un positivo inserimento come quello che ha descritto il dott. Federico Barà nel suo articolo, senza escludere la mancanza del legame con la terra natia) ed ho potuto rispondere che mi sono ritrovata a riprendere le attività di prima ed altre con una marcia in più, con iniziative altrui inattese in tempi inaspettati e piena soddisfazione delle mie aspettative.
Oggi posso dire a tutti di sentire che sto facendo un passo avanti seppure attraverso un ritorno, con il desiderio che il rientro di molti altri ancora potrà assicurare un grosso passo avanti per tutta la nostra Sicilia e, perché no, per l’intera Italia.
“La casa nostra è il posto che
nel cuore ognuno di noi non lascia mai.
Navigatori dentro l’anima
però la strada che ci porta sempre a casa
è scritta in noi” (La strada di casa dal film Oceania)