Oltre 58milioni di euro giocati nei 25 comuni del territorio diocesano nel 2018

È una cifra “monstre” quella che emerge dai dati diffusi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulle giocate nei 25 comuni della Diocesi di Cefalù e riferiti al 2018. Oltre 58 milioni di euro, su canale di vendita fisico, è quanto hanno speso gli abitanti dei centri interessati con una popolazione media di appena 3.000 unità, tolti i principali quali Cefalù con circa 14.000 abitanti, Castelbuono (circa 8.000), Campofelice di Roccella (poco più di 7.500) e Gangi (poco più di 6.500) e tutti alle prese con crisi economica, disoccupazione, emigrazione, denatalità. Aspetti che, messi insieme, disegnano un quadro che suggerirebbe maggiore prudenza e diversi obiettivi per i quali spendere energie e risorse.

Proprio Cefalù registra la cifra di giocato più alta (oltre 17 milioni di euro) per poco meno di 12 milioni e mezzo di euro di vincite, sebbene balzino agli occhi gli 8 milioni e 200mila euro giocati a Campofelice di Roccella (che, tuttavia, registra vincite per 8 milioni e 300mila euro) che ne fanno in assoluto il secondo paese della diocesi dove si gioca di più e giocate che superano la soglia del milione di euro in ben 12 centri abitati, che sale a oltre due milioni di euro a Caltavuturo, Collesano e Gangi e, ancora, agli oltre cinque di Castelbuono, mettendo in mezzo i circa tre milioni di euro di giocato a Lascari e gli oltre quattro e mezzo a Petralia Sottana. In tutti i casi, è bene notare, con un saldo negativo importante rispetto alle vincite. Eccezione di rilievo Valledolmo dove, a fronte dei circa 890mila euro spesi, sono state registrate vincite per oltre 18 milioni e mezzo di euro (andate quasi per intero a una sola persona nella vincita del novembre 2018), per un totale di vincite, a livello diocesano, di circa 62 milioni di euro.

Aspetto quest’ultimo da bene interpretare posto che le vincite non sempre sono spalmate tra tutti i giocatori (il caso Valledolmo insegna) e non sempre con la stessa cifra media, potendo avere pochi giocatori molto “fortunati”, una maggioranza di giocatori mediamente “fortunati” che racimolano tuttavia cifre inferiori rispetto a quelle spese e giocatori ancora meno “fortunati” dei precedenti, registrando solamente perdite che aggravano il bilancio domestico a volte già parecchio dissestato.

A Scillato e Sclafani Bagni, i due paesi meno popolosi (rispettivamente circa 600 e 430 abitanti), trend opposti: nel primo, infatti, sono stati giocati più di 400mila euro per vincite di poco inferiori ai 300mila, mentre nel secondo spesi “appena” 11mila e 300 euro per circa 5mila euro di vincita.

Una classifica non lusinghiera, all’interno di una provincia – quella di Palermo – che ha registrato circa 1 miliardo e 200 mila euro di giocate per circa 920 milioni di euro di vincite, dato che, a livello regionale, si è assestato su circa 4 miliardi e mezzo di giocato per vincite di circa 3 miliardi e mezzo.

La gente gioca e spende tanto e non è difficile vedere, soprattutto nei piccoli centri, gli habitués, avventori che trascorrono interminabili ore presso ricevitorie, bar e centri scommesse in attesa della volta buona e di imbeccare i numeri giocati. I dati, infatti, sono riferiti al giocato su wp, betting exchange, big, bingo, comma 7, concorsi pronostici sportivi, eurojackpot, giochi di abilità, ippica internazionale, ippica nazionale, lotterie istantanee e istantanee telematiche, lotterie tradizionali, lotto, playsix, scommesse ippiche in agenzia, scommesse sportive a quota fissa, scommesse virtuali, superenalotto, v7, vlt, winforlife.

Si gioca anche se non si vince: è proprio la fase dell’attesa, della ricerca che alimenta la speranza che la successiva sia quella giusta, a rappresentare, a livello neuronale, il vero piacere. Una droga instillata lentamente ma con la stessa forza di un mostro che fagocita volontà e tempo. Il bene tra i più preziosi, in fondo, da spendere più che nella solitudine dei numeri, combinazioni e simboli a cascata che si imprimono sugli occhi, nelle relazioni personali e familiari.

Lo stesso vescovo di Cefalù, Monsignor Giuseppe Marciante, nel suo messaggio di Quaresima, ha denunciato «il fenomeno della dipendenza dal gioco: davvero allarmanti – scrive – i dati appena pubblicati dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Stato per il 2018. Sono numeri che feriscono il mio cuore di Pastore. La ragnatela della cultura dell’azzardo ha raggiunto, in tutta Italia, anche i più piccoli e sperduti paesi in cui si trovano bar, sale scommesse e tabaccherie. Si entra nel tunnel del gioco per vincere la solitudine, compensare la frustrazione e i ritmi monotoni del quotidiano e anche per dimenticare il vuoto che lasciano i figli che vanno via dalle case. C’è una metafora sul gioco d’azzardo che ritengo efficacissima: “è come sprofondare nelle sabbie mobili”, si capisce il pericolo solo mentre si è inghiottiti». E anche le parole hanno il loro peso quando si parla di piaghe sociali ed economiche: più che gioco, è azzardo. Occorre chiamare le cose con il proprio nome perché edulcorare serve solo a mascherare.