Da una settimana siamo quasi tutti iperconnessi e solitari. Siamo diventati cittadini delle nostre case. La tremenda dittatura del Covid-19 ci ha tolto ogni libertà. ma ci ha fatto diventare padroni del tempo. Ne eravamo schiavi. Con le nostre corse continue abbiamo spesso ripetuto la frase: «Non ho tempo». Con le aggiunte: «Mi dispiace, scusami». Guardare l’ora dai cellulari equivaleva a ripeterci: «Ho fretta».

Sono le 18:10. Mi trovo nella mia stanza. Da qualche giorno la mia cella. Il silenzio che mi circonda sa d’ Infinito. È arricchito dal dolce e armonico cinguettio di tanti uccelli, inseguito dal verso di un cane che abbaia. Un concerto che solo il tempo del Coronavirus mi sta permettendo di ascoltare. Mi ha ricordato che Dio è Creatore.

A coprirlo adesso è la voce di mia madre. Prega ad alta voce. Con TV 2000 e il Santo Rosario. È la pagina quotidiana del diario della sua fede. Delle nostre mamme e nonne. Di milioni di donne che, stringendo tra le mani una corona, scrivono e inoltrano al cuore di Maria l’email con l’elenco dei loro bisogni e sogni. Mi unisco alla sua preghiera. A quella di tante mamme e donne che, al tempo del Coronavirus, riscopriamo come le migliori rianimatrici della nostra fede. Stasera quella pagina del suo diario per la prima volta è bagnata anche dalle mie lacrime. Di gratitudine per la semplicità e la bellezza che accompagnano i passi del suo cammino di vita cristiana. Di perdono perché solo oggi ne comprendo lo spessore, l’altezza e la profondità.

Ore 18:40. Mi telefona un caro amico che ha scelto di restare al Nord. L’ho sentito un po’ preoccupato dalla voce. Lo era perché per più di mezz’ora aveva provato a chiamare insistentemente la madre. Cellulare spento. Gli era sfuggito che ogni giorno, per il tempo del rosario, la mamma ha scelto di non parlare con nessuno. Neanche con i figli. Tra la Mamma e la mamma nessuna interferenza. Al tempo del Coronavirus queste testimonianze parlano potentemente ai nostri cuori. Li circoncidono. Sono una carezza benedicente.

Il nostro amato Papa Francesco ha invitato noi presbiteri a essere creativi. Un appello bellissimo che spalanca le porte alla novità, all’entusiasmo, all’originalità, al dinamismo.

Per consegnarlo alla storia di questi giorni serve una regia a più voci: la Parola di Dio, lo Spirito Santo, la guida dei nostri Vescovi, del nostro Vescovo Giuseppe, la fede esistenziale dei nostri antenati. Quella fede che ha saputo custodire e tramandare dei costumi di vita “raffinati ”perché “ricamati” dai fili dorati e invisibili della Parola del Signore: l’arte del dono, il gusto della libertà come “il primo parto” dell’intelligenza della fede e l’intelligenza della saggezza.

L’esortazione del Vescovo di Roma non può passare inosservata, non può scivolare nel cassetto dell’utopia. Trasformiamolo in un impegno personale e sinodale, determinato e illuminato, che ci educhi a pianificare un’azione corale di discernimento. Quel discernimento che sappia “cestinare” orpelli, pizzi, merletti, frange, devozionismi, macedonie di superstizioni vendute e svendute come pseudobenedizioni, forme sibilline di magia bianca. Insomma, tutte quelle mummie da museo, quei fantasmi, che hanno ancora un biglietto di andata e ritorno anche nella vita delle nostre comunità.

In quel: “Siate creativi” di Francesco, scorgo un’amabile ed efficace “esorcismo” teso ad allontanare dalle nostre scelte ciò che non è essenziale. “Siate Creativi” è l’atto di fede e di speranza del Papa per la Sua Chiesa e per l’umanità intera che ha il suo inizio e le sue fondamenta nel lavoro svolto “ora” nella Vigna del Signore da vescovi e presbiteri. È l’invito, di fronte ai crudeli elenchi dei nostri morti, a stare sempre dalla parte della vita.

Francesco parla ai suoi “operai”. Li chiama a vedere, nel tempo dell’emergenza del Coronavirus, il tempo che può portare alla vera rigenerazione spirituale e morale. Questo è il tempo della Verità e della Speranza.

“Siate creativi” vuole essere anche un monito a prendere le massime distanze dalla schiera di quei falsi profeti che dal pulpito dei social fanno del Covid-19 il castigo di Dio che si abbatte come un flagello sulla società peccatrice. Quando è il tempo dell’Amore del Padre che chiama i Suoi Figli.

Ancora, è l’invito a strappare dal calendario delle nostre giornate possibili attese miracolistiche che potrebbero fare ritornare in voga e alla moda l’immagine di un Dio vendicatore e salvatore.

Fermiamoci a rivedere, lasciamoci afferrare, invece, da quell’immagine di Papa Francesco che, quasi zoppicando e un po’ ansimante, percorre le vie di una Roma spettrale per pregare sotto lo sguardo del Crocifisso e della Madonna. È l’icona del Mendicante Povero, del Mendicante che cerca la Salvezza. Quasi affaticato, ma col passo determinato nel volere raggiungere la sua meta. Il nostro amato Papa Francesco è l’icona del vero profeta che cerca Dio e Dio soltanto. Invitando così tutte le comunità cristiane a trovarlo nel Volto del Crocifisso e nello sguardo di Maria.

Con una semplicità schiacciante, il Vescovo della capitale ci insegna che la creatività può essere legata alla scoperta. Anche alla ri-scoperta. Un incoraggiamento a scegliere la via della creatività, a percorrerla senza paure, senza scadere o scivolare nel solco della spettacolarizzazione, della facile improvvisazione spesso legata al desiderio di esserci a tutti i costi, anche dal bisogno bellissimo di stare accanto alla nostra gente.

Ci prenda per mano e ci guidi anche l’icona di tutte le mamme che nel segreto della loro stanza hanno fatto del rosario il loro megafono per dialogare con Dio e la Madre di Dio. Educhi le nostre scelte.

Il Coronavirus ha tolto bruscamente al nostro popolo l’Eucarestia. Un digiuno inaspettato. Ne eravamo, ne siamo tutti tristemente impreparati. Ecco perché col Covid-19 si è aperta la corsa alla ricerca degli integratori. Li cerchiamo morbosamente. Ne abbiamo tanti nel circuito ecclesiale e pastorale. Ne vorremmo inventare ancora.

Attenzione: restano dei semplici integratori. Non sono farmaci salvavita. Possono attenuare le tante paure e ansie che attraversano i nostri cuori. Boccate di ossigeno. Aperitivi. Cure palliative. Dobbiamo distribuire il Pane. Donarlo. Spezzarlo. Condividerlo. Moltiplicarlo.

Ai tempi del Coronavirus il nostro Pane è la Parola di Dio. La mensa della Parola non ci è stata tolta! L’ha ricordato con forza il nostro Pastore domenica scorsa nella Sua omelia: «La Parola di Dio ci unisce, riuscendo ad abbattere ogni forma d’isolamento sociale, di distanza, di sicurezza interpersonale che in queste ore sono vitali». Ha puntualizzato: «Non sentiamoci abbandonati da Dio. Non sentiamoci orfani. Connettiamoci con Dio e con la Sua Parola. Condividiamola per dare respiro alla nostra fede». Con lucida sapienza profetica ha aggiunto: «Proviamo a far dialogare la Parola di Dio con il nostro presente. Con l’oggi. Ricordiamoci che la Parola di Dio è eterna».

In questo tempo di sofferto digiuno eucaristico per le nostre comunità sforziamoci di scoprire o ri-scoprire il volto della nostra Chiesa circondato e potentemente illuminato dalla Luce della Sua Parola. Il tempo buio del Covid-19 potrebbe essere il tempo della Parola che crea, dello Spirito che fa nuove tutte le cose. Se permettiamo alla Parola di Dio di dialogare con la storia nel tempo del Coronavirus, la nostra Chiesa sarà profetica, sarà “creativa”. Fortemente creativa. È una sfida da accogliere e poi da digerire.

A dire il vero, questa sfida per la nostra Chiesa di Cefalù era già iniziata il 9 ottobre con l’apertura dell’anno pastorale. Con la lettera pastorale La parte buona che non ci sarà tolta del nostro vescovo Giuseppe. Forse non ne abbiamo avuto una chiara consapevolezza. Non abbiamo compreso a cosa eravamo e siamo tuttora chiamati dal nostro Pastore. Mons. Marciante già sei mesi fa ci aveva chiesto di compiere un viaggio alla ricerca dell’essenziale. Un viaggio saggiamente e meticolosamente progettato. Con una rampa di lancio, una pista d’atterraggio, dei pianeti da visitare, un pilota, un diario di bordo. Tutti eravamo invitati a essere protagonisti di questo viaggio-ricerca. Tutti chiamati a essere “piccoli principi.” Insomma, il cuore e le mani del nostro vescovo spingevano tutta la Chiesa di Cefalù a scegliere, a percorrere sinodalmente la via dell’essenzialità. La via della profezia a partire dalla Parola di Dio. Una spinta che nell’assemblea diocesana del 4 gennaio aveva iniziato a farci muovere i primi passi. Tavoli sinodali, confronti, dibattiti, verifiche, schede, orientamenti.

Con mons. Marciante, la marcia era iniziata. Eravamo profondamente interpellati: «Ad aprire il cuore a ciò che è veramente priorità». Quest’appello ora si è trasformato in un grido. È un’emergenza. Una sorta di SOS che parte dalle nostre chiese aperte ma vuote. Dagli ospedali in muratura e da campo sovraffollati dai nostri fratelli che possiedono la sapienza del cuore perché sulla loro pelle è scritta la Parola di Dio: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore». (Salmo 89,12).

Il viaggio alla ricerca dell’essenziale additatoci dal nostro vescovo, ha come sottofondo Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery. Il protagonista incontra tanti personaggi controversi: un re solitario, un ubriacone, un uomo d’affari. Noi, in questa faticosa ricerca verso l’essenziale appena iniziata, abbiamo incontrato questo nemico agguerrito, aggressivo, sconosciuto. Invisibile. È il Coronavirus. Ci segue passo passo. Ci insegue. Ce lo sentiamo addosso. Sui vestiti. Sulla pelle. Tenta spudoratamente di toglierci tutto. Proprio tutto. Non può toglierci ciò che è essenziale per la nostra fede: l’ascolto della Parola di Dio. Ce lo ha profeticamente detto e scritto il nostro Vescovo Giuseppe il 9 ottobre dello scorso anno. Ce lo ha detto più di 2000 anni fa Gesù Cristo.

Era in viaggio verso Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Fa una sosta a Betania nella casa di Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro. È a casa di amici. Da quella casa, ai tempi d’emergenza del Coronavirus, per la nostra Pasqua che celebreremo, sentiamo rivolta a noi “oggi” quella Parola di Gesù: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Sentiamoci tutti raggiunti, confortati e accarezzati da questa Parola. Convinciamoci che solo il Vangelo può dare risposta ai nostri interrogativi più angustianti, può tracciare la via da percorrere per ottenere la liberazione dai mali che ci affliggono. Anche dal Covid-19.

Sono certo che nella lettera pastorale del vescovo Giuseppe possiamo scoprire la via che il nostro pastore ci esorta a percorrere per imparare a leggere il Vangelo nella storia del mondo, nella storia delle nostre comunità. Ce ne offrono una chiara prova le domande che troviamo al termine del viaggio in ogni pianeta. In questi giorni di silenzio e preghiera, riprendiamole, rileggiamole. Con calma. Ci spronano a compiere dei passi sinodali, alla ricerca dell’essenziale per me e per la comunità.

In queste ore lo faremo, avendo tra le mani solo la Parola: La Parte buona che non ci sarà tolta. Da questa inconfutabile verità si crea, si ri-crea il cammino della Chiesa. I veri profeti, quelli che sono stati a faccia a faccia col Volto di Dio perché l’hanno cercato e trovato a partire dalla Sua Parola, nei loro ultimi discorsi, nel loro ultimo testamento, ce lo hanno ricordato.

Tra questi don Giuseppe Dossetti: «Dico due cose, e una terza l’aggiungo. Sono queste: il Vangelo e i Salmi. Credo che assolutamente tutta la vita della Chiesa, oggi più che mai, domani più che oggi-in un grande flusso storico che adesso non riusciamo a prevedere o sognare ma che è alle porte nei prossimi anni, nei primi del prossimo secolo–dipenda dal Vangelo vissuto e inquadrato nell’Eucarestia». «I preti e i laici, quasi senza differenze, si immergano nel Vangelo… È necessario leggerlo, leggerlo, leggerlo, il più possibile in lettura continua …Adesso aggiungo la terza: la storia. Bisogna immergersi nella storia. Conoscerla profondamente, conoscerla profondamente».

Papa Francesco, a te il mio grazie perché mi hai chiesto di essere un prete creativo. Tu lo sei sempre stato nella tua vita. Da prete. Da vescovo. Da cardinale. Oggi da Papa. Sei il Papa creativo per il mondo intero. Proverò ad ascoltarti. Guardando te, il mio vescovo Giuseppe, i nostri vescovi, mia madre, la fede esistenziale degli ultimi. In silenzioso ascolto della Parola di Dio accanto a quella dei Suoi profeti.