La storia di Mirco Inguaggiato è la sintesi perfetta di due passioni innate: la musica e la falegnameria

Se dovessi descrivere Mirco Inguaggiato attraverso due concetti principali penserei alle scene ritratte nelle foto che incorniciano quest’articolo: alle prese con uno scalpello e a suonare uno strumento musicale.

Questa storia è la sintesi perfetta di due passioni innate che fuse insieme non potevano portare ad altro.

I miei primi ricordi lo associano a dei piccoli modellini di strumenti musicali nella falegnameria di famiglia, poi ricordo momenti di musica insieme, la costruzione da autodidatta dei primi strumenti musicali legati alla tradizione pastorale siciliana (piffere, zampogne, flauti di canna) a partire dallo studio scrupoloso e minuzioso dei modelli esistenti. A 20 anni il primo strumento a corde pizzicate: un bouzouki di origine greca. Saranno questi i primi passi della prima bottega liutara delle Madonie. E giungo alla meravigliosa notizia degli studi di liuteria fino al trasferimento nel locale attuale e le ultime visite di qualche mese fa, purtroppo interrotte dall’emergenza covid.

Una vera sosta anche per le visite al laboratorio di Mirco, avvezzo ad accogliere amici e conoscenti per qualche chiacchiera, prova musicale o soltanto per poter fare dono dello stupore caratterizzante posti come questo.

Varcarne la porta significa vivere un’esperienza sensoriale completa attraverso gli odori della vernice e delle colle, le sfumature cromatiche delle tavole di legno, la percezione tattile del materiale che viene intagliato, la musica del lavoro e d’accompagnamento.

La liuteria di Mirco è un’officina di suoni e profumi. Un set cinematografico in continua azione.

Mirco riprende le fasi della costruzione ascoltando la colonna sonora del giorno riprodotta ad arricchire il tempo nella sua bottega. Un tempo che viene scandito dai suoni degli utensili e infiorito dai brani scelti o suonati dal liutaio.

L’incantevole scenografia che accompagna questo viaggio è una cornice di strumenti musicali già completi o in divenire, barattoli, utensili, sculture, colore, movimento.

I soggetti principali le mani dell’artista e le sue tavole di legno che si trasformano in violini, viole, violoncelli, contrabbassi o chitarre classiche, battenti, manouche, mandolini, pifferi e zampogne a cui Mirco stesso fa emettere il primo vagito.

L’attività della liuteria madonita annovera innanzitutto la realizzazione totalmente a mano di strumenti unici, personalizzati nelle forme ed in tutti i particolari artistici, con legnami di pregio stagionati naturalmente, nati dal rapporto con il musicista che li commissiona, facendo attenzione alle sue esigenze, all’utilizzo principale che farà dello strumento e al risultato che si aspetta dal punto di vista sonoro ed estetico; in altri casi la costruzione di strumenti ispirati a progetti di liutai famosi; in altri ancora il restauro di strumenti a cui ridare la vita e la sonorità di un tempo.

Inoltre Mirco ama partecipare a diverse manifestazioni musicali come il raduno mediterraneo di Jazz Manouche, con i suoi strumenti ed una ricca bancarella appositamente allestita. E’ grazie a questa iniziativa che Angelo Debarre, chitarrista francese di fama mondiale, ha apprezzato le modifiche apportate alla costruzione di una chitarra manouche notandone la timbrica più profonda, la maggiore proiezione del volume, il peso ridotto e i contrasti cromatici della paletta.

La liuteria Inguaggiato nasce ufficialmente a Petralia Sottana a coronamento degli studi intrapresi nel 2009 presso la Scuola Maestri Liutai ed Archettai di Gubbio (PG) dove, spinto dalla voglia di costruire il proprio strumento musicale a corda, Mirco si diploma brillantemente sotto la guida del Maestro Ildebrando Minelli, dell’Archettaio Enrico D’Argenio e del Maestro Liutaio Winfried Mayer.

Ma vi è già chiaro che “la passione di Mirco affonda le radici nella sua infanzia e nella sua storia familiare […], nato e cresciuto a Petralia Sottana, con alle spalle tre generazioni di falegnami”, come riporta la biografia che troviamo sul sito ufficiale.

Richiamando alla sua mente questi ricordi il liutaio si dice grato di tutta la sua storia, “né un granello in più né un granello in meno. Sono sempre stato motivato e attratto dalle lavorazioni manuali di qualsiasi tipo. Probabilmente se non fossi stato figlio di falegname, non avrei lavorato il legno, o forse l’avrei fatto solo per hobby. In famiglia l’arte in qualche modo non è mai mancata, che sia stoffa, legno o carta. Tutto questo è stato fonte di ispirazione e per questo non posso che ringraziare tutta la famiglia, a partire dai nonni e dagli antenati fino ad arrivare a chi mi ha fatto crescere.

A partire dalla mia esperienza ho capito che i bambini vanno spronati e che sono realmente il futuro di un probabile sviluppo territoriale e non solo… ma alla fine le play station prendono sempre il sopravvento, e questo dipende solo ed esclusivamente dai genitori”

A proposito della scelta di lavorare nel suo paese d’origine mi scrive:

“Un difetto dei siciliani è quello di avere le radici lunghe chilometri e non esiste nessun tipo di diserbante che possa estirparle totalmente. Inizialmente si prova sempre a ritornare all’origine, a lottare con le unghie e con i denti per poter sopravvivere in una terra ormai difficile soprattutto per le situazioni attuali. Io dico sempre che noi viviamo in una piccola Umbria, lo stesso territorio, stessa vegetazione, stessi comportamenti per molti aspetti, gli stessi profumi…però purtroppo non abbiamo lo stesso carattere e la stessa tenacia per sviluppare questo territorio allo stesso modo, nonostante abbiamo le stesse identiche possibilità. Si pensa sempre che prima o poi le cose possano cambiare, ma forse le cambieranno le altre generazioni, non le nostre. Purtroppo noi non abbiamo il tempo di aspettare e siamo costretti alla fuga, finché si resiste siamo qui ma non si sa ancora per quanto.”

Se dovessi dare una testimonianza raccontando la tua caparbietà nel realizzare il tuo sogno, che cosa diresti per spronare altri a farlo?

“La testardaggine in certe occasioni giova a favore. Ho sempre lavorato con le mani e fin adesso ho sempre realizzato tutto quello che mi è passato per la testa, in qualche modo ne ho fatto un mestiere. Ovviamente molte cose non le ho fatte tutte da solo e da autodidatta, alcune volte ho avuto bisogno di altre persone vicino o di una scuola, come per gli strumenti musicali. Ho sempre cercato di spronare tutti a realizzare qualsiasi cosa con le proprie mani, ognuno con le proprie competenze, ma spesso senza risultati perché frequentemente la gente non ha voglia di fare e di apprendere. Adesso in questa quarantena si scopre che è bello usare le mani ed è bello il lavoro manuale, come scoprire l’acqua calda. Fondamentalmente se tornassimo indietro di vent’anni ci renderemmo conto che era la normalità e la quotidianità.

Le proprie idee in qualsiasi modo vanno portate avanti, io finora ci sono riuscito ma più avanti non so.”

Quanto ha influito la fede sul tuo percorso personale e di conseguenza professionale?

“L’arte religiosa ha influito tanto, ma in questo caso è più un fatto materiale che immateriale. Per esempio gli altari della chiesa sono ornati di tutto punto dalla maestria degli scalpellini e degli intagliatori, dai modellatori di gesso ai decoratori e pittori, ai drappeggi delle sarte… penso che ci sia sicuramente una mano dall’alto che ogni tanto dà un ottimo aiuto. Tutte queste opere, frutto di ore e dedizione di tanti lavoratori hanno dato spesso spunto al mio lavoro, che ho sempre abbastanza personalizzato. Ogni petralese ha una grande devozione alla Madonna dell’Alto e io l’ho voluta pirografare e intarsiare sulla paletta del mio mandolino. Nel battipenna invece un puttino in acero, riproduzione di un affresco della nostra chiesa di San Francesco fa da contorno alla bocca dello strumento.”

Una vera e propria testimonianza completa quella di Mirco, che poggia su tre pilastri fondamentali: famiglia, territorio, vocazione personale. Come ogni vocazione ben salda sente la spinta a coinvolgere le altre generazioni o chi lo circonda. Gli auguriamo che siano in tanti a lasciarsi contagiare di bellezza anche in questo periodo in cui lottiamo attraverso le misure anti-contagio.

Mirco, ape laboriosa per chi lo conosce, non s’è fermato e non si ferma.