a cura di Fortunata Flora Rizzo, vice-presidente Archeoclub
Anno dopo anno, attraverso il dialogo, la comunicazione e la condivisione degli obiettivi che stanno alle fondamenta del nostro statuto associativo, abbiamo nutrito e sviluppato un senso di appartenenza che, con orgoglio, ci fa sentire parte integrante dell’Archeoclub d’Italia.
Fin dal momento in cui ho deciso di far parte dell’Associazione e di avanzare l’istanza per la costituzione della sede locale di Cefalù (1995), ho avuto chiaro il valore e il significato dell’appartenenza a un’associazione organizzata a livello nazionale. Essa, attraverso le sue ramificazioni comprensoriali e locali, è infatti espressione di un grande movimento d’opinione pubblica al servizio di un patrimonio culturale diffuso e ricchissimo di “diversità” storiche, artistiche, archeologiche, linguistiche, geo-morfologiche e ambientali; un’Associazione che, attraverso le proprie sedi locali, assicura ai Soci occasioni di amicchimento culturale, estese anche ai concittadini, agli studenti e ai turisti e viaggiatori che soggiornano nelle città in cui gli Archeoclub sono presenti.
Le attività culturali delle sedi locali sono sempre originali, uniche, perfettamente aderentialla particolarità di ogni singola sede, di ogni singolo socio che la compone, di ogni singola professionalità e competenza e di ogni peculiarità del patrimonio culturale del territorio.
La “cultural diversity” nazionale — addizione di varie e stratificate contaminazioni di culture e civiltà — che caratterizza tutto il territorio italiano (così come la bio-diversità per gli organismi viventi), fa sì che ogni regione, ogni territorio, possano esprimere iniziative culturali contestualizzate nell’insieme dei beni culturali e ambientali del luogo.
Tale patrimonio e varietà culturale delle nostre sedi fa della nostra struttura nazionale il punto di convergenza delle progettualità territoriali e il punto di rielaborazione progettuale e organizzativa che, per propagazione, ritorna nei territori, con uno scambio virtuoso nel ricevere e nel dare. Quanto più le sedi locali riescono a offrire, tanto più le sedi locali riescono a ricevere. Quanto più la struttura nazionale riesce a offrire, tanto più la struttura nazionale riesce a ricevere, e tanto più tutti insieme potremo portare avanti sinergicamente gli obiettivi statutari in favore del patrimonio culturale e ambientale.
Queste riflessioni mi portano a ricordare — non in forma nostalgica, ma propositiva — diverse iniziative e buone prassi messe in campo nel tempo sia dalla struttura nazionale sia dalle sedi locali: attività che, nel loro insieme, hanno fatto finora la storia dell’Archeoclub d’Italia.
Avendo da sempre condiviso le iniziative a carattere nazionale, ancor più ritengo che esse siano oggi le strade capaci di rendere solidali le nostre sedi, i nostri territori e le nostre aspettative associative.
Iniziative come “La Festa Nazionale dell’Archeologia”, “Archeolibro”, “Chiese Aperte”, “L’Italia sta perdendo la memoria”: e ancora strumenti di comunicazione comela rivista “Antiqua”e il “Notiziario dei Soci di Archeoclub d’Italia”; e infine le Assemblee Nazionali e i contestuali Convegni sulle tematiche culturali d’interesse nazionale e internazionale del momento, sono stati alcuni dei nostri punti di forza.
È indelebile nella mia memoria la prima edizione della “Festa Nazionale dell’Archeologia”, che si svolse nel Teatro Comunale de L’Aquila il 19 marzo del 2005, I partecipanti a quell’incontro furono tantissimi e i temi — oggi ancora attuali — affrontati dai rappresentanti delle istituzioni venuti a dare il loro contributo ci offrirono spunti di riflessione e di futuro impegno per i nostri “compiti” associativi. Fra i molti presenti, l’allora Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, l’archeologo Sebastiano Tusa, che nel suo stile chiaro e diretto parlò a quel pubblico, proveniente da tutta Italia, del nostro infinito patrimonio culturale marino, imprescindibile da quello terrestre e in egual misura “documento” tangibile della nostra storia. Se pensiamo oggi — alla luce dell’importante rinvenimento presso Levanzo di rostri e altri reperti recuperati da quella Soprintendenza del Mare, provenienti dalle navi affondate durante la battaglia delle Egadi (10 marzo del 241 a.C., vittoria romana della I Guerra Punica) — ci rendiamo perfettamente conto dell’importanza dell’archeologia subacquea e di quanto lungimirante sia stata, per la ricostruzione della nostra storia, l’istituzione di una Soprintendenza del Mare in Sicilia. Nella pubblicazione postuma del volume seritto insieme a Jeffrey G. Royal “Il Sito della Battaglia delle Egadi alla fine della Prima Guerra Punica”*, ed. L’Erma di Bretechneider, Sebastiano Tusa ci offre il riscontro tangibile alle sue intuizioni, mettendo insieme alcuni elementi storici e i riscontri archeologici della sua ricerca subacquea. L’altro importante tema ampiamente trattato in quella prima Festa dell’Archeologia riguardava le gravi difficoltà e paralisi operative più volte riscontrate nel settore pubblico delle Soprintendenze, e metteva l’accento sulla necessità di far corrispondere alle esigenze specifiche dell’archeologia diverse e nuove risorse umane e professionali, finalmente capaci di sviluppare studi e ricerche sul campo, come pure di condurre adeguatamente gli Uffici. Alla divulgazione culturale delle sedi locali ha offerto input positivi di condivisione e incoraggiamento anche l’iniziativa “Archeolibro”, quale incentivo a recuperare la storia dei luoghi e a lasciame traccia alle generazioni future. Dare alle nostre sedi locali stimoli di questo tipo — con la realizzazione di una nostra grande manifestazione periodica, da celebrare tra tutte le sedi in un momento e in un luogo condiviso — diventa importante per promuovere la ricerca, la scrittura e la divulgazione della storia locale. E se tale pratica assume il rilievo di un valore aggiunto per le città storicamente e turisticamente più note, per i centri minori e marginali — oggi potenziali mete di viaggi “esperienziali” — l’iniziativa acquista un valore d’importanza fondamentale.
A questo proposito, è in me altrettanto indelebile il ricordo della manifestazione “Archeolibro” svoltasi a Bari nei saloni della Fiera del Levante, sul finire degli scorsi anni ‘90, e dell’altra successiva, svoltasi nel 2005 al Centro Congressi ed Esposizioni della Fiera di Messina.
Non ultima, c’è la manifestazione nazionale “Chiese Aperte”, quella che per la mia sede di appartenenza, Cefalù, è la manifestazione di sempre, cui aderiamo ogni anno, fin dalla costituzione della sede. In tutti questi anni, da Sud a Nord, nei piccoli come nei grandi centri, centinaia di sedi e migliaia di soci sono stati artefici e protagonisti della conoscenza, della fruizione, della promozione, oltreché di opere di conservazione e restauro di buona parte del patrimonio culturale-cultuale della nostra nazione. Un patrimonio infinito, che non finiremo mai di conoscere e di far conoscere, del quale è opportuno — direi indispensabile — che nessuna sede smetta di occuparsi. La manifestazione nazionale “Chiese Aperte” è patrimonio della nostra associazione, è patrimonio della nostra storia e dei nostri territori. Dobbiamo tutelame l’essenza e l’esperienza acquisita, e pensare a ulteriori e nuove declinazioni nel riproporla.
Sono certa, per quanto ho accennato in esordio, che ogni sede, in relazione alle specificità che la rendono unica nel proprio territorio, abbia già saputo scoprire e rintracciare quel suo proprio percorso che, a partire dalla nostra comune origine associativa, conduce a spazi, idee e collegamenti infiniti.
Chiese Aperte” ha iniziato a Cefalù il proprio percorso con il censimento e l’elaborazione delle schede conoscitive delle chiese intra moenia, l’apertura alla loro fruizione nella seconda domenica di maggio, e la conseguente stampa e diffusione della relativa pubblicazione nelle scuole cittadine. Si è poi passati al censimento delle Edicole Votive del Centro Storico e delle Cappelle e Cappellette delle contrade di campagna. All’apertura alla fruizione delle Chiese si è accompagnata ogni anno un’iniziativa differente, con, in successione, la realizzazione di un Itinerario delle Edicole Votive,il restauro di alcune di esse, e il restauro di una grande pala d’altare, quest’ultimo promosso, finanziato e attuato attraverso un’iniziativa pubblica denominata “Diventa proprietario morale di un’opera d’Arte”.
Inoltre, si è provveduto a segnalare alla Soprintendenza le Chiese e le Edicole bisognose di interventi di restauro. La collaborazione costante con le scuole, con le Università, con la Diocesi di Cefalù e con la CEI ha dato sostanza e sostegno all’iniziativa. Questa manifestazione ci ha spinto a conoscere è consultare gli Archivi Storici, a collaborare con gli Storici dell’arte specialisti di Arte Sacra, a confrontarci con gli Studiosi locali, a coinvolgere nel nostro progetto le Confraternite religiose, e soprattutto a instaurare un rapporto di collaborazione e di condivisione con la Diocesi della nostra città. A tal proposito, sarà importante per la nostra associazione fornire il proprio contributo di volontariato, aderendo alla rete territoriale del costituendo “Parco Culturale Ecclesiale” della Diocesi di Cefalù. Il Vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, è infatti uno dei pochi vescovi italiani ad avere già avviato nella Dio cesì questo progetto, promosso dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della Conferenza Episcopale Italiana, che promuove, recupera e valorizza il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, recettivo di un territorio, azione particolarmente importante per una fruizione turistica, promozionale e pastorale e per una vacanza di qualità. Si tratta di
un’occasione importante affinché possiamo sviluppare ulteriormente le nostre attività associative, che trovano nei Beni Culturali Ecclesiali del territorio la linfa vitale per continuare a far crescere la nostra manifestazione nazionale “Chiese Aperte”.
Pertanto, consapevole dell’importante ruolo di vice-presidente nazionale che ricopro in questo momento, sento forte il sentimento di responsabilità associativa”, che ha creato un suo percorso all’interno della storia generale del nostro verso la “nostra storia Paese, attraverso il contributo di tutte le sedi e di tutti i Soci. Il mio impegno — nell’ambito del Comitato Direttivo — è orientato alla massima collaborazione e centrato sull’impegno costante per il perseguimento degli obiettivi associativi, da conseguire attuando progetti ben definiti che mirino all’attualizzazione e alla riorganizzazione delle nostre grandi iniziative nazionali, tra le quali ritengo prioritarie “Archeolibro” e “Chiese Aperte”.
*Citazione tratta dal testo dell’archeolago Amedeo Tullio
Fonte: L’Agorà di Archeoclub d’Italia – marzo 2020