Uno strumento di conoscenza per i giovani che come me erano troppo piccoli per ricordare i fatti del 1992, o non erano ancora nati

Il 19 luglio 1992 avevo soltanto due anni. Cosa quella data significasse per il Paese ho iniziato a capirlo qualche anno più tardi dai racconti dei miei genitori, poi ascoltando le parole di Paolo Borsellino, quel suo ultimo discorso pronunciato a Palermo dinanzi a migliaia di scout a ventotto giorni dalla morte del giudice, e amico, Giovanni Falcone, di sua moglie e degli uomini della sua scorta.

“Abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera: facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che impongono sacrifici: rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro), collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia, troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli, accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito: dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone È VIVO!”

Avevo poco più di 15 anni e da scout queste parole mi suonarono subito come una promessa a cui tener fede, sempre, ogni giorno.

Da qualche settimana Feltrinelli Editore ha pubblicato “Paolo Borsellino parla ai ragazzi”, un libro di Pietro Grasso, ex presidente del Senato e soprattutto collega e amico dei giudici uccisi dalla mafia in quell’anno funesto, con fotografie inedite, le illustrazioni di Francesco Camporeale e una bellissima introduzione di Pif. È uno strumento di conoscenza per i giovani che come me erano troppo piccoli per ricordare i fatti del 1992, o non erano ancora nati. Ci sono quelle parole agli scout e la lettera che Borsellino scrisse all’alba del suo ultimo giorno in risposta agli studenti che gli ponevano domande sul suo lavoro e sulla lotta alla mafia; una missiva mai terminata che Grasso completa alla luce dei cambiamenti avvenuti, dei suoi ricordi e della sua esperienza, facendo un viaggio nel tempo che racconta la storia del pool e della lotta alla mafia.

Leggendolo ho ripensato a cosa ha significato per me, fin da ragazza, l’esempio di Borsellino e di Falcone e a quanto sia importante avere fin da subito dei modelli da seguire per cercare di fare le scelte giuste, per sapere da che parte stare.

“Paolo Borsellino parla ai ragazzi” è una testimonianza civile da leggere a scuola, in famiglia, nelle associazioni. Attraverso questo libro Grasso compie un grande atto d’amore nei confronti delle nuove generazioni in cui ripone molta fiducia, proprio come Borsellino, per “rendere migliore il nostro Paese”. Provarci è il compito di ciascuno di noi, grandi e piccoli.