Un adolescente normale con lo sguardo verso l’alto

Guardo scorrere le immagini e non vedo altro che un adolescente sereno: t-shirt e jeans, una bici, una foto con la tunica di prima comunione come ogni bambino al suo primo incontro con Gesù.

Carlo è nato a Londra, il 3 maggio 1991 e cresciuto a Milano, “uno come tutti”, dicono in tanti. Da un primo sguardo Carlo Acutis si presenta così, tanto che mi viene da notare qualche somiglianza con chi adesso ha all’incirca la sua età, ama Londra, va in giro in bici ma dubita dell’esistenza di Dio.

“Ma cos’ha fatto?”, mi chiede. Siamo abituati a essere ricordati per quello che facciamo, per un guinness, un premio, un riconoscimento. Carlo Acutis è stato beatificato il 10 Ottobre 2020 alle ore 16.30, in una celebrazione presieduta dal cardinale Agostino Vallini, legato pontificio per le basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi, luogo scelto da lui stesso per la propria sepoltura e che era assiduo frequentare, accompagnato dalla spiritualità di San Francesco. Lo ricorderemo per questo e per tutto quello che ha fatto, il suo premio è il Paradiso, ma ciò che più resterà nel cuore di chi lo ha incontrato o conosciuto attraverso i racconti degli altri sarà chi è stato.

«Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie»

Carlo non aspirava ad omologarsi, non era uno come tutti, riconosceva l’umanità che ci accomuna nel profondo ed era disposto ad andare controcorrente se la vita lo chiedeva. Si fermava a parlare con disabili, senzatetto ed emarginati, non esitava a spendere energie per i compagni di classe in difficoltà. Queste sono le immagini che lo distinguono e mettono a fuoco il suo originale. La madre racconta che al suo funerale andò gente che lei stessa non conosceva, perché Carlo aveva lasciato una parola, un sorriso, un paio di scarpe (a lui ne “bastava solo un paio”), un segno.

«L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo. Di fronte al sole ci si abbronza… dinanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi!»

Ammesso alla Prima Comunione a soli 7 anni, da allora non mancò mai all’appuntamento quotidiano con la Messa e la Recita del Rosario. Cercava sempre di fare un po’ di Adorazione Eucaristica e ideò, tra le tante rassegne da lui concepite, La Mostra internazionale I miracoli eucaristici nel mondo, con un’ampia esposizione fotografica e con descrizioni storiche su alcuni dei principali Miracoli Eucaristici (circa 136) verificatisi nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e riconosciuti dalla Chiesa.

La centralità dell’Eucarestia nella sua vita gli diede quella carica in più e la felicità che vediamo nel suo sguardo.

«La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio»

«Non io ma Dio»

Nelle parole del Cardinale Agostino Vallini sento risuonare “considerava Internet dono di Dio e strumento importante per incontrare le persone e diffondere i valori cristiani […] tra i quali la santità della famiglia e la sacralità della vita.”

Le foto scorrono e lo vedo ancora cosa c’è di più in Carlo: il modo in cui si prepara alla morte e scrive, parla agli altri, annuncia perfino la sua morte. Colpito da una forma di leucemia fulminante, la vive come prova da offrire per il Papa e per la Chiesa. Morto il 12 ottobre 2006, i suoi resti riposano dal 6 aprile 2019 ad Assisi, nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione. 

Lo guardo, con quella tuta che ci riporta alla sua semplicità di quindicenne, e mi dico “era uno come tutti”, perché tutti hanno la possibilità di scegliere ogni giorno il bene e di portarlo agli altri, di discernere quotidianamente i bisogni della realtà in cui vivono e farsene carico con un piccolo gesto, di accogliere il dono del messaggio evangelico e lasciarsi trasformare. Perché come ha detto Papa Francesco “per essere santi non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi, tutti siamo chiamati a diventare Santi”.

E ne vedo tanti di adolescenti che tra i banchi di scuola o dietro uno schermo donano un sorriso e una parola d’amore.

“Carlo si domandava spesso perché si vedono file chilometriche di gente sostare ore per andare a vedere un concerto Rock, o un film, ma non si vedono le stesse file di fronte a Gesù Eucaristia. Diceva che le persone non si rendono conto di quello che perdono altrimenti le chiese sarebbero talmente piene che non vi si riuscirebbe ad entrare. Nel Santissimo Sacramento – ripeteva con fervore – Gesù è presente allo stesso modo di com’era presente 2000 anni fa ai tempi degli Apostoli, solo che allora la gente per vederlo era obbligata a spostarsi continuamente, mentre noi siamo molto più fortunati poiché lo possiamo trovare in qualsiasi chiesa vicino a casa” (dal sito www.miracolieucaristici.org).

Ai teenagers di oggi auguro di avere lo stesso coraggio di Carlo per andare in fondo, per amare fino alla fine, per chiederti aiuto, Carlo, riconoscendoti profeta dei nostri tempi come ha creduto quel bambino brasiliano che è stato guarito da una malattia rara e in fin di vita, dopo averti pregato affinché intercedessi con Dio.

Per credere con forza in Gesù Eucarestia che oggi troppo spesso lasciamo solo e così poter dire a se stessi e agli altri, con un’ultima citazione del beato (quasi parafrasando il tormentone dell’estate che abbiamo appena trascorso e con lo stesso entusiasmo con cui si ballava insieme), “Gerusalemme l’abbiamo sotto casa”.