Quando è arrivata sulla mia scrivania Fratelli tutti di Papa Francesco ho pensato al luogo e ai modi della possibile lettura. Ho compreso subito che bisognava individuare un “posto nuovo” dove potermi “ritirare”. Ha un suo prezioso valore la scelta di un luogo azzeccato. Per una lettura non epidermica ma capace di farmene comprendere bene il contenuto. Di ciucciarlo lentamente. Come fa un neonato che succhia il latte dal seno materno. Per crescere. Per raggiungere anche le midolla delle mie ossa. Della mia umanità. Della mia fede. Della mia coscienza.

Un luogo che arresti ogni possibile dispersione del profumo di pastore e di pecore che se ne sprigiona da ogni sua pagina. Ha già raggiunto e invaso le mie narici. Ne è bastata una fugace sbirciata all’introduzione e ai titoli dei suoi capitoli e paragrafi. L’odore è pungente. Quasi salato. Ha i suoi aromi. I suoi modi graduali di rendersi presente sul nostro corpo. Prima ti fa bruciare il naso, le narici. Poi diviene una sorta di balsamo che purifica i polmoni. Poi pare che arrivi fino al cervello. Una crescente catarsi. Ti libera da ogni affanno. Ne toglie ogni rantolo. Pastorale o spirituale.

Forse è lo stesso odore che stava appiccicato sulla pelle dei pastori che raggiunsero senza indugio Betlemme. Lo avrà sentito anche il Bambino che giaceva nella mangiatoia. Non ci avevo mai fatto caso: uno dei primi profumi avvertiti dal nostro Dio fatto di carne umana, è quello del pastore e delle pecore.

È questo il profumo che ci riporta a essere uomini che trovano il tempo per riposare sui pascoli erbosi della vita. Uomini che si lasciano condurre ai bordi delle acque che riescono a donare tranquillità. Ritengo che Fratelli tutti vada letta camminando sulle vie della storia, del mondo, guardando e sostando di fronte alle tante mangiatoie e stalle collocate nelle periferie e negli angoli più sperduti e nascosti delle nostre comunità. Pensandoci uomini. Lontani da corse ansimanti che inseguano onorificenze, titoli e gratificazioni. Con un sapiente distacco emotivo e affettivo dai ruoli sia clericali o laicali che ci legano alle nostre realtà ecclesiali e pastorali. Ai nostri palazzi vescovili, alle nostre curie, parrocchie, associazioni, movimenti.

Voglio ciucciare il testo di quest’enciclica sociale pensandola come una sorta di Cantico dei Cantici che il Papa ha stilato per tutta l’umanità, per me fatto della stessa carne umana di ogni figlio di questa terra. Pertanto, voglio andare incontro a Francesco come quella pecora che cerca il profumo del suo Pastore. Quello bello. Quello vero.

È un profumo che può evaporare celermente. Basta che mi lasci accarezzare o distrarre dalle morbide correnti generate dai venti moderati del perbenismo cattolico. Lo fanno disperdere. Scomparire. Fratelli tutti va letta e riletta respingendo con forza ogni possibile vento che in modo sferzante ha lanciato e lancia taglienti pietre su discorsi e gesti di Papa Francesco. Correnti che hanno confezionato pian piano una colonna sonora che conosciamo. Dove il canto sibillino e mieloso di alcune sirene è accompagnato da appositi arrangiamenti. Un’inarrestabile e impietosa danza. Soprattutto mediatica. Spesso si muove su monotoni e diplomatici passi di accusa che non hanno risparmiato nemmeno quest’ultima enciclica del Papa sulla fraternità e l’amicizia sociale. Eccone qualcuno: altro testo ecologista, solita minestra sociale riscaldata, una mezza replica che ha falciato nuove aspettative.

Questi sono i più nocivi. I più pericolosi perché si muovono e sono generati da correnti che “ inquinano” l’aria. Quella purissima che il Vescovo di Roma vuole farci respirare. Quella che alcuni rigettano con dogmatici assiomi apocalittici che mi ricordano certi batuffoli attorcigliati di zucchero filato. Li compravo da bambino nelle bancarelle per le feste di diversi santi. Si sciolgono ancora prima che li metti in bocca. Quell’aria “nuova” che ancora disorienta molti perché bisognosi di una “aerosolterapia” dove il “nebulizzatore” è il Vangelo con i suoi evangelici farmaci salva vita: verità, misericordia, libertà e giustizia.

Ecco individuato un possibile percorso con il quale ci si può accingere a leggere Fratelli tutti: immaginarlo come un salutare “aereosol”. Per debellare ogni forma di asma, tosse, infiammazione, bronchite, polmonite del mio apparato respiratorio, di quello della nostra Chiesa.

Fratelli tutti haun suo incipit. Dal quale bisogna partire. Tenendo tra le mani il telecomando della nostra memoria dobbiamo ritornare alle ore 20.15 di quel mercoledì di quel 13 marzo del 2013. A quel: «fratelli e sorelle, buonasera». Il saluto che ha cambiato il registro della comunicazione di un Papa e che ha rivestito la Piazza più famosa del mondo di un clima di casa, di famiglia. Di prossimità. Di concinnitas.

Con quel: «fratelli e sorelle, buonasera», Francesco si affacciava in punta di piedi sul mondo intero, sulla storia del mondo. Come un semplice fratello. Ne riceviamo una luminosa conferma nelle successive affermazioni: «Iniziamo questo cammino Vescovo e popolo. Cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo per tutto il mondo perché ci sia una grande fratellanza». Dal grido delicato di questa preghiera iniziamo a “toccare” Fratelli tutti. Lo faremo a più riprese. Tra le pagine di Percorsinodali. Anche col prezioso contributo di altri interventi.