Nella prima fase dell’emergenza Coronavirus in Italia abbiamo pianto tante morti, soprattutto anziani, un pezzo di storia anagrafica, affettiva e sociale.

Eppure qualche giorno fa abbiamo dovuto leggere le parole pubblicate con un tweet dal Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti: “Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”.

Parole che hanno creato lo sdegno generale salvo poi leggere le scuse, da più parti richieste, dello stesso Toti. Ma quelle poche parole “persone non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” non si cancellano facilmente con delle scuse. In un altro Paese probabilmente sarebbero costate le dimissioni, in Italia no. Come in una scala gerarchica la vita di una persona può avere più valore di quella di un’altra. Come si può pensare ad una differenza tra le vittime basandosi sul criterio della “produttività”? Chi decide quale è il “valore” di una vita? Come si misura l'”indispensabilità” di una persona rispetto ad un’altra? Su base di cosa?
Il Coronavirus sta decimando un’intera generazione, lo dicono i numeri, il virus colpisce principalmente i più fragili, coloro che hanno già problemi di salute, in un sistema sanitario e sociale già fragile. Il virus si comporta come un elefante in una cristalleria e i più fragili periscono prima e più degli altri ma come gli oggetti di una cristalleria sono i più preziosi. Le persone anziane, “producono” sapere, valori, spesso sostengono le fasce giovanili della popolazione. Ce lo ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso marzo: «L’Italia vede decimata la generazione anziana, punto di riferimento per i giovani e per gli affetti».

Punto di riferimento e non persone “non indispensabili”, punto di riferimento in un momento storico in cui tutto diventa effimero e l’apparenza conta più di ogni altra cosa. Gli anziani sono un patrimonio da tutelare in ogni modo, una ricchezza unica che va salvaguardata, protetta, se possibile più degli altri. Perchè quando ripartiremo dovremo farlo anche da loro e con loro, da loro che hanno vissuto il dopoguerra e hanno saputo ricostruire un Paese distrutto, sfibrato, stravolto, in qualche modo come l’Italia di oggi.