L’anno che sta per concludersi sarà ricordato come l’anno della pandemia Covid-19 ma sarà ricordato anche come quello della prima “infodemia” della storia. Così ha definito l’Oms la ‘sovrabbondanza di informazioni’ legate a Sars-CoV-2, che ha reso difficile distinguere tra fonti più o meno affidabili. Un fenomeno che negli ultimi anni si è diffuso a macchia d’olio, soprattutto da quando i social, più dei giornali, sono diventati la principale fonte di informazione, luogo in cui fake news e notizie vere si mescolano aumentando la confusione informativa generale in cui distinguere il vero dal verosimile o addirittura dal ‘falso’ diventa sempre più complicato.

In questo mare sterminato di informazioni assume dunque un ruolo fondamentale la “comunicazione pubblica” delle Istituzioni ai vari livelli. Una comunicazione che a partire dal Governo nazionale al piccolo comune non sempre è risultata lineare e spesso è stata deficitaria, se non schizofrenica.

Una comunicazione che è andata avanti tra corse in avanti e repentini passi indietro.

Una comunicazione chiara e completa, che non dia spazio ad interpretazioni fuorvianti, è oggi più che mai fondamentale, soprattutto per chi si trova a fronteggiare le conseguenze (sanitarie, economiche e sociali) della pandemia in corso.

Dopo la prima fase della pandemia in Italia e il primo lockdown in cui anche nei nostri paesi delle Madonie altoparlanti e voci registrate ricordavano in modo perentorio la necessità di rimanere in casa, l’informazione dalla “riapertura” in poi è andata in ordine sparso per una malcelata voglia di ritorno ad una normalità, che tale non potrà essere con una pandemia ancora in corso.

Le stesse voci che invitavano al rispetto delle stringenti misure di contenimento del contagio in alcuni casi hanno poi riempito i propri profili facebook di selfie stretti in un abbraccio al termine di uno spettacolo estivo o di un convegno, o ancora andavano in giro (anche solo per dimenticanza) senza rispettare le norme imposte, dimenticando quasi che il proprio ruolo di amministratore pubblico, a qualsiasi livello (sindaco, assessore, consigliere comunale), richiede una maggiore attenzione ai comportamenti assunti.

Nei nostri territori la chiusura forzata (per certi versi eccessiva vista la bassa diffusione del virus) nei primi mesi dell’anno, ha fiaccato l’ economia e il tessuto sociale ma probabilmente il ritorno ad una apparente normalità ha fatto dimenticare troppo in fretta, anche perchè troppo lontane, le immagini delle bare trasportate dai mezzi militari, i canti dai balconi, l’eroismo di medici ed infermieri negli ospedali del Nord Italia.

E allora nei nostri comuni si è cercato di dare un senso di normalità con gli addobbi per le feste patronali anche in assenza di processioni, come voluto dal Vescovo di Cefalù S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante che ha chiesto di far tesoro della pandemia per tornare all’essenziale delle feste nei centri della Diocesi. Un momento che ha visto il Vescovo stesso intervenire personalmente per invitare ad una maggiore sobrietà ed evitare situazioni potenzialmente “pericolose” per la diffusione del virus, come ha fatto a fine luglio in occasione della festa di Sant’Anna a Castelbuono.

Lo “sciogliete le righe” estivo, anche se non direttamente collegabile allo stato attuale dei contagi nei nostri territori, ha comunque reso più complicato il rispetto delle restrizioni richieste nell’attuale fase della pandemia.

Stiamo vivendo un momento in cui sarebbe auspicabile una maggiore coesione tra istituzioni politiche, tra cittadini e amministratori. Stiamo vivendo un tempo che ha sospeso ogni certezza e i cittadini chiedono ai propri amministratori di avere tutte le informazioni utili, una maggiore trasparenza sui dati per comprendere l’attuale fase emergenziale, a volte chiedendo più di quanto possibile ma non necessariamente con intenti polemici.

Il nostro territorio durante la cosiddetta “seconda ondata” della pandemia è stato colpito in maniera più diffusa, non solo è aumentato il numero dei positivi, molti dei quali asintomatici, ma sono aumentati i decessi, i ricoveri ospedalieri, i focolai in scuole e strutture pubbliche che hanno tenuto in apprensione centinaia di famiglie in tutti i comuni. Nessun territorio è stato infatti escluso dal contagio. E di questo dovremo ricordarci quando tutto sarà finito.

I cittadini chiedono ai sindaci, in quanto rappresentanti dello Stato più prossimi, maggiore chiarezza, scaricando su di loro aspettative alle quali i primi cittadini non possono dare risposta. Sono chiamati però, proprio perchè il momento storico in cui stiamo vivendo ha di per se una complessità di lettura unica, ad essere ancora più vicini alle esigenze sociali, economiche ma anche informative avanzate.

Una informazione corretta può infatti evitare l’ingenerarsi di spinte allarmistiche, ma anche il facile ottimismo legato a dati deficitari. Una migliore informazione attraverso i canali ufficiali dell’informazione istituzionale o i profili social di comuni e primi cittadini, permetterebbe di affrontare al meglio l’inverno alle porte e la possibile “terza ondata”.

Non aspettiamo il vaccino per il Coronavirus, vacciniamoci, da subito dalla misinformazione e dalla disinformazione a tutti i livelli.