Con uno spot di soli trentatré secondi il mio scanzonato processo di “sanremizzazione” ha avuto una brusca e sorprendente battuta di arresto. Per colpa di Fabio Fazio che annuncia di avere “Sua Santità” Papa Francesco come ospite a Che tempo che fa. Subito la voce del conduttore ti trasmette i suoni di un’elegante e responsabile emozione; pare essere rivestita di sacralità. Nei giorni di accese polemiche lanciate al servizio pubblico sull’irruzione di “possibili” immagini e esibizioni offensive alla fede cattolica, Fazio con il suo scandito “Sua Santità” mette a tacere tutti. Ci insegna “sottovoce” cosa sia il servizio pubblico e il rispetto per l’uomo e il cittadino, senza misurarsi con i pallidi colori della politica che danza attorno ai propri interessi. Una impareggiabile lezione di saggezza e professionalità che delinea molto bene i confini dell’incontro con Bergoglio. Francesco ci sarà come Pastore di tutta la Chiesa Cattolica, come “Voce” della santità di Dio. Per annunciare la Sua Parola. Non come il vincitore di un premio Oscar o di un prestigioso Nobel, con tutta la sua dorata aureola di rispettabilità e notorietà, neanche come una popstar in cerca di consensi e applausi. Ci sarà come il Papa degli uomini che vuole parlare a tutti. Senza fame o sete di populismo.
Prima fugacemente lo spot e poi intensamente l’intervista mi hanno bloccato sulla sedia delle emozioni, quelle senza tempo. Con una bella carrellata di immagini mi hanno invitato a entrare nella stanza della storia del pontificato di Bergoglio. Una stanza luminosissima. Vi ho visto sul suo tetto una lampada sempre accesa. Quella del Vangelo. Il Papa degli uomini vuole illuminare l’oggi. Con la luce della santità di Dio. Luce che parla alla nostra coscienza di uomini e di cristiani guidandoci sulla via della Giustizia e della Verità. Luce che si fa voce e che ti sussurra col suo candore che non basta solo il vedere. Serve anche il sentire, il toccare, proprio come ha fatto Gesù. Occorre salire sulla barca della storia. Nel tempo della bonaccia e della tempesta.
Fazio apre e chiude il suo dialogo con Francesco ringraziandolo per essere salito “sulla nostra barca”. Una deuterosis dal sapore squisitamente biblico se pensiamo che nella pagina del Vangelo del giorno, “Gesù sedette e insegnava alle folle da una barca” (Lc, 5,3). Osservava anche i pescatori che lavavano le reti. Da lontano li aveva fotografati nel suo cuore con la pellicola impressa dalla compassione. Erano amareggiati, sfiniti nel corpo e nell’anima per avere faticato tutta la notte e non avere preso nulla. Sarebbero tornati a casa senza soldi in tasca, come tanti papà e mamme di oggi senza salario a fine mese. Ebbene, Gesù non si lascia vincere dalla brutta tentazione di accontentarsi del guardare “a distanza”. Dalla compassione “light” che resta ormeggiata sulle spiagge delle buone e pietistiche intenzioni. Non si lascia vincere da quel modus ruffiano e raffinato di predicare la carità che lascia le mani coperte dal morbido profumo della cipria del perbenismo. Da quel guardare l’altro dall’alto in basso con i piedi “blindati” dagli scarponi antiscivolo, che proteggono da ogni “scivolata” che, abbassandosi, doni aiuto al fratello per rialzarsi. Gesù. a piedi scalzi sale sulla barca, quella di Simone. Quella della storia. Per sedersi e ammaestrare le folle.
Questo è quanto ha fatto il Santo Padre domenica 6 Febbraio 2021. Di fronte a una folla di 6.731.000 fratelli e sorelle. In alcuni momenti sono stati addirittura 8.700.000. Ma c’è di più. Nelle prime ore successive, connessi a una “Rete” dove si parlano tutte le lingue del mondo, si sono registrate quasi 700.000 interazioni. Ha invitato tutti a spargere la Parola di Dio sulle reti della storia, per non rimanere maledettamente incastrati tra i neri scogli della guerra, dell’indifferenza, del non rispetto del creato, dell’aggressività distruttiva, della mondanità spirituale, del clericalismo. Lo ha fatto, direbbe Antonio Spadaro: «Scegliendo il linguaggio della prossimità, sempre innestato nel racconto acceso dalla vita, spesso con la concinnitas dei detti sapienziali, brevi, affilati, concreti e per questo in grado di raggiungere l’interiorità». Lo ha fatto abitando la barca della storia e da lì annunciando la Parola.
L’ascoltare il Santo Padre mi ha rimandato a quel nuovo giorno iniziato all’imbrunire del 13 marzo 2016. Quando Francesco dalla loggia di San Pietro ci ha donato il suo primo: «Buonasera». Quel saluto che ci ha fatto scoprire Papa Francesco come l’intellettuale del cuore, che vuole comunicare il messaggio trasgressivo del Vangelo agli uomini di questo tempo. Da allora ci ha sempre aiutato a leggere la Bibbia in termini nuovi, mettendo Dio al centro della nostra vita, dell’esistenza reale, senza fuggire dal mondo e dalla sua storia per facili viuzze spiritualistiche. Lo ha fatto col titolo di “Sua Santità”, anche da uno schermo televisivo a Che tempo che fa. Con lo sguardo del “papà” vero. Quel papà che, pur non sapendo rispondere a tutti i perché dei figli-bambini, sa che il solo suo sguardo li colma di amore, di sicurezza e di pace.
foto da rainews.it