Cari Magi,
la vostra storia, per certi aspetti, sembra essere la copia di mille riassunti con l’aggiunta di qualche differente dettaglio. Nel corso del tempo siete stati maghi, astrologi, astronomi, saggi e perfino re. Vi hanno ridotto all’esiguo numero di tre. Vi hanno dato perfino dei nomi. E a Baldassarre, il più giovane, nel lontano 1266, Nicola Pisano nella sua Adorazione dei magi del pulpito della cattedrale di Siena, attribuisce i tratti di una possibile identità africana. Tra qualche ora nei presepi troverete la vostra storica collocazione. Sono due i possibili posizionamenti che vi appartengono: in cammino verso la grotta di Betlemme o quasi alla sua porta. Tra le due opzioni a noi piace di più la prima. Ci permetterà di conoscervi meglio. Di dare un senso alla vostra missione, al vostro cammino. A dire il vero, siete arrivati a Betlemme con giorni di ritardo. Eppure la storia tutta, che non perdona certi ritardi, vi ha dato la sua meritata assoluzione. Senza alcuna penitenza riparatrice e addirittura con una liturgica compensazione. Infatti, siete “celebrati” e ricordati universalmente come coloro che, stranieri, hanno riconosciuto la prima grande manifestazione di Dio “dentro” la storia. Voi siete i pittori dell’anima di una specialissima e festosa solennità, quella dell’Epifania. Ne siete, a pieno diritto, gli autori-curatori principali. Ma non basta. Ne siete anche i primi educatori. Ci insegnate e testimoniate come vanno celebrate tutte le grandi e vere manifestazioni di Dio. Ce ne additate le più sante, le più sane modalità liturgiche e pastorali: quelle della prostrazione e dell’adorazione, fatte nel silenzio. Di fronte ai segni, per voi la famosa stella, ci ricordate col vostro esempio che basta solo provare «una grandissima gioia». Perché i segni rimandano ad Altro di più luminoso e prezioso. Tutto è stato, nella vostra contemplazione, sapientemente circoscritto. La via dell’arte dell’essenzialità è da voi amabilmente tracciata, percorsa e indicata. Ci piace, pertanto, assegnarvi il titolo meritatissimo di primi “cerimonieri” del primo “pontificale” veramente cristocentrico. Quello celebrato non tra le mura maestose e fastose di basiliche, ma nella prima “chiesa domestica” della storia del cristianesimo: la stalla di Betlemme. Voi, entrati nella casa, avendo visto il bambino con Maria sua madre, vi prostrate e adorate soltanto il bambino. L’annotazione, registrata dalla stessa Parola del Vangelo, non concede tentennamenti e non consente di dirottare su “altri”: «Si prostrarono e lo adorarono». Solo il Bambino, il Cristo.

Ma perché siete arrivati in ritardo, cari Magi?

La chiamata “segreta” del re Erode vi ha rubato del tempo. Ha mandato in aria i vostri meticolosi calcoli. Avete dovuto saziare la sua fame e sete di suprematistica egemonia; avete dovuto arginare il suo apparentemente celato turbamento da “poltrona”, ma che già aveva avuto la diabolica capacità di rovesciare su “tutta Gerusalemme”. Quella di Erode sarà stata una oculata indagine poliziesca. Di quelle a doppio gioco, furbe e false. Di quelle che sanno pilotare le manovre politiche a larga scala, di ogni tempo, e che tentano di “fare capolino” sulla via del “sacro”, e che hanno come loro unica “luminosa cometa” il potere su tutti e su tutto. Col re Erode voi avete scelto la via dell’ascolto e del saggio dialogo. Senza sconti o scorciatoie. «Con esattezza» avete risposto alle domande da lui poste. Vi siete congedati da lui, lasciandolo contento e soddisfatto. Lo avete rassicurato su tutto. A tal punto da convincerlo a donarvi il suo mandato “politico”, la sua “ragguardevole benedizione”. Quella che il Vangelo di Matteo registra magistralmente con la nota: «E li inviò a Betlemme». Benedizione che non ha portato i frutti attesi e desiderati da Erode. Con un epilogo non previsto, capovolto. Grazie ad un sogno che vi ha avvertiti dall’inganno “della volpe”, avete fatto ritorno ai vostri paesi d’origine per altra strada. In questo ci siete testimoni della “santa ironia” che accompagna chi si affida e si fida dei sogni, non di numeri da giocare, ma di percorsi di vita da intraprendere sotto la tutela di Dio. E, a proposito di Betlemme, voi cari magi, col vostro muovervi dall’Oriente, da differenti e distanti aree geografiche dell’universo fino ad allora conosciuto, voi, del profetizzato villaggio della terra di Giuda, ne avete fatto il primo villaggio globale della storia della salvezza. Per certi aspetti siete stati perfino i precursori di Marshall McLuhan, che ha utilizzato quest’ossimoro per definire come il gigantesco globo si sia ridotto ad un ambito facilmente esplorabile pari ad un villaggio. Il sociologo canadese lo ha coniato soprattutto per il sorgere delle nuove tecnologie, che hanno consentito un’accelerazione e una facilitazione delle comunicazioni umane. Voi, ci avete consegnato Betlemme come il primo villaggio globale, che ha comunicato al mondo l’irruzione nel tempo della salvezza universale. Il vostro arrivo a Betlemme dal lontano Oriente ha fatto abbattere i confini territoriali, culturali, religiosi di ogni villaggio della terra. Le distanze siderali, che separavano le parti del mondo, si sono ridotte. Il mondo ha smarrito il suo carattere di infinita grandezza, per assumere quello di un villaggio-culla della salvezza universale ed eterna. Da Betlemme, con la vostra prostrazione e adorazione, tutto il mondo si è connesso con la storia della salvezza.

A voi, cari magi, va attribuito il merito di essere stati i padri della prima connessione globale alla storia della salvezza universale. A noi, nella vigilia della solennità dell’Epifania, il compito di domandarci, se abitiamo questa Rete di salvezza universale che ormai nessuno può più distruggere.