È con questo invito che, la sera del 23 Gennaio, è iniziata la nostra esperienza di servizio, come Giovani Missionari, alla comunità Sant’Egidio di Palermo. Per molti è stata la prima esperienza con i senzatetto. Un compito semplice: portare un pasto caldo e delle coperte, ma ben presto ci siamo resi conto che era molto di più. Ci siamo divisi in gruppi e siamo partiti in macchina per raggiungere le varie zone di Palermo. Chi ci guidava sapeva già dove si sarebbero fatte trovare le persone che avevano bisogno e, le volte in cui non trovavamo qualcuno, chiedevamo agli altri di riferirgli di farsi trovare lì la settimana successiva. Sì, perchè chi questo servizio lo fa ogni settimana conosce i senzatetto uno per uno, conosce le loro storie e diventa loro amico. Prima ancora di un pasto si va a portare il Vangelo, non con le parole, ma con la propria testimonianza e trasmettendo la gioia per la vita. Infatti, prima di partire, ci hanno spiegato che il loro non è un semplice volontariato, ma una missione che nasce quando si mette a contatto il Vangelo con le necessità degli ultimi di oggi, proprio come fecero i ragazzi che fondarono la Sant’Egidio.

Portare gioia e speranza è più difficile di quello che si possa pensare: perchè subentra il senso di inadeguatezza, la paura di dire le parole sbagliate, di ferire chi ha già sofferto tanto. Ognuno ha cercato di fare del proprio meglio: chi con un sorriso, chi con una chiacchierata o un abbraccio.

Durante questa esperienza abbiamo imparato anche l’importanza di farci da parte. Infatti molti erano felici di vederci, ci venivano incontro e parlavano con noi; altri prendevano il pasto e andavano via senza un grazie o anche lamentandosi. Fa male vedere chi si sta cercando di aiutare reagire così, ma fa parte del servizio; ciò che è certo è che tutti hanno bisogno di amore, e amore è anche lasciare la libertà di accettare o meno l’aiuto che viene proposto.

Con alcuni di loro saremmo rimasti volentieri a chiacchierare tutta la serata, ma le persone da andare a trovare erano molte e non era possibile trattenersi troppo perchè tutti avevano il diritto di cenare ad un orario dignitoso. In particolare è stato bello dare l’opportunità a uno di loro di chiamare la sua famiglia in Iran in occasione del suo compleanno, anche per questo serviva arrivare da lui in orario.

I volti e le storie delle persone che abbiamo incontrato sono rimati nei nostri cuori e, a distanza di qualche settimana, la sera, al caldo delle nostre case, ancora un pensiero va a loro.

Ci hanno arricchiti sia come cristiani che come giovani missionari. Infatti, questa fa parte delle esperienze che facciamo ogni mese all’interno del progetto “Verso Obala passando per…” che ci aiuta a formarci in vista della missione che questa estate faremo in Camerun, ad Obala appunto.

Vi invitiamo a non avere paura del contatto con gli ultimi e a fare esperienze simili, perchè il contatto è una presa di coscienza della realtà che non può avvenire in altro modo. Vi chiediamo inoltre di sostenerci con la preghiera perchè è Lui la speranza e la gioia di cui ci facciamo portavoce.