C’ero anche io. Con il mio corpo e la mia “anima”. Al concerto Alice canta Battiato di domenica 30 luglio, tenutosi a Palermo nella splendida cornice di Villa Filippina. L’artista raggiunge il palco “in punta di piedi”.

Col passo dell’eleganza. Che l’accompagnerà durante tutto lo spettacolo, in ogni suo movimento. Ogni suo gesto, infatti, sempre ordinato ed essenziale, sembrava diventare un ricamo prezioso ai testi e alla musica. È stato questo il primo canale empatico che, come una tenera carezza, ha raggiunto il pubblico.

Al pianoforte il maestro Carlo Guaitoli e al violoncello Chiara Trentin con i loro primi delicatissimi accordi, ti spingevano a immaginare che le loro mani sulla tastiera e sulle corde fossero guidate da una divina Mano invisibile. Lentamente tutto diviene un crescendo armonico di emozioni. Con la calda voce di Alice ogni canzone è simile a “un frammento di cielo” che raggiunge cuore e coscienza . Pur restando seduto su una scomoda sedia di plastica, alcune “meccaniche celesti” si mettono silenziosamente in moto. Ed è il tempo della “sospensione catartica”. Quella che ha il sapore e l’odore contemplativo della preghiera. La musica sembra dare voce al silenzio. Alla meditazione. Anche la voce di Alice quando diventa “narrante” sembra volere custodire quest’atmosfera. Lei presenta Battiato come colui che ha voluto tracciare una via illuminata nel nostro percorso evolutivo-spirituale. E puntualizza: « Franco lo ha fatto fin da bambino».

Lo ha fatto ponendosi la domanda io sono. Io chi sono?». Si comprende bene quanto siamo lontani dal chiasso assordante di certe kermesse, dalle esibizioni estive di effervescenti karaoke, dagli spettacoli “liquidi” delle nostre piazze. Qui tutto sembra dare voce all’Infinito. Ne da esplicita conferma un singolare dettaglio: anche durante le canzoni più famose di Battiato non c’è nessun coro di voci che copre quella di Alice. A cantare sono soltanto le labbra. È solo il movimento delle labbra. Un coro di voci “petalose”. Tutto si arresta volutamente nel clima dell’ascolto di un “maestro che ti insegna quanto è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Anche i forti e caldi applausi non conoscono sbavature, tripudi e schiamazzi da stadio. Alice li accoglie. Li condivide con Franco. Con Chiara e Carlo, i suoi musicisti. Alla fine sembra volerli “ridonare” al suo pubblico. Lo fa con un “serafico” inchino e con il delicatissimo sorriso della gratitudine.

Tante canzoni sono come delle rondini che sfrecciano il cielo dei tuoi ricordi, sono per me delle salite piacevoli sulle montagne “verdi” della gioventù. La cima la raggiungo quando Alice canta: E ti vengo a cercare. Ricordo una veglia di preghiera di giovani in parrocchia. Ricordo la mano tremante del mio amico Nuccio che schiacciava i tasti di un registratore per pregare con “E ti vengo a cercare”. Temevamo tutti una brusca reazione del nostro vecchio parroco. Lui non ne era stato avvisato. Ma da uomo saggio comprese che l’arte quando è “bellezza” ha il passo della preghiera.

Alice ha cantato Battiato. Ci attendiamo che presto Alice ritorni a cantare Alice. Da maestra e signora della bellezza. Con testi e musiche che ci siano da guida e sostegno nell’ascolto del Silenzio.

La serata con Alice, in questo caldo luglio, è stata una boccata di sano ossigeno.

Ha permesso al pensiero di riprendersi la parola, dopo le devastanti fiamme causate dalla voce dell’ignoranza, “dei tanti parassiti senza dignità” del nostro presente.